L’erogazione del mutuo al preposto quando si era già manifestata la sua pericolosità esclude la banca mutuante dall’ammissione del proprio credito allo stato passivo in caso di confisca di prevenzione. La tutela della banca, in caso di opposizione al decreto del giudice delegato che ha escluso il suo credito a fronte dell’applicazione della misura di prevenzione, deve soddisfare due elementi l’estraneità del credito erogato rispetto alle attività illecite del preposto e la buona fede del mutuante.
La buona fede veniva invocata dalla banca che affermava di non essere tenuta a reperire informazioni che sono accessibili solo dalle forze di polizia e sosteneva che le risultanze dei dati richiesti per l’erogazione del mutuo fossero indicativi di un uso lecito delle risorse messe a disposizione, in quanto finalizzate all’acquisto di un’abitazione. Finalità, secondo la banca ricorrente, che esclude in radice il rischio dell’agevolazione di attività criminali.
La banca intendeva far valere, l’eventuale carenza istruttoria, come violazione di un obbligo di diligenza rispetto alla prassi bancaria da seguire, ma non poteva tale carenza essere sintomo di assenza di buona fede o di collusione agevolativa dei fini illeciti del mutuatario.
Confermata, invece, la legittimità della confisca che colpiva il credito e la sua garanzia, in base alla circostanza che diversi elementi emergenti anche dall’istruzione bancaria avrebbero dovuto impedire l’erogazione delle risorse al preposto.
Corte di cassazione – Sezione I penale – Sentenza 22 gennaio 2024 n. 2647