Cp, articolo 319
Ai fini dell’accertamento del reato di corruzione propria (articolo 319 del Cp), nelle ipotesi nelle quali la dazione di denaro o di altra utilità in favore del pubblico ufficiale risulti contabilizzata e documentata, è necessaria la prova del pactum sceleris intervenuto tra soggetto corruttore e pubblico ufficiale corrotto, nel senso che deve essere dimostrato che il compimento dell’atto, contrario ai doveri di ufficio, è stato la “causa” della prestazione dell’utilità e della sua accettazione da parte del pubblico ufficiale, non essendo quindi sufficiente a tali fini la mera circostanza della intervenuta dazione di utilità.
Il reato è, dunque, configurabile a condizione che sussista un “rapporto sinallagmatico” tra il compimento dell’atto d’ufficio e la promessa o ricezione di un’utilità, la cui dazione deve rappresentare l’adempimento del patto corruttivo, non potendo invece assumere rilievo ove derivi dagli stretti rapporti personali preesistenti tra il pubblico agente ed il privato. In questa prospettiva, la prova della dazione indebita di una utilità in favore del pubblico ufficiale, ben può costituire un indizio, sul piano logico, ma non anche, da solo, la prova della finalizzazione della stessa al comportamento antidoveroso del pubblico ufficiale, essendo necessario valutare tale elemento unitamente al altre circostanze di fatto acquisite nel processo.
Corte di cassazione – Sezione VI penale – Sentenza 2 luglio-17 ottobre 2024 n. 38143