Studio Legale Pietrangeli Bernabei
24-07-2024

Occupazione sine titulo

Risarcimento del danno da occupazione senza titolo

Con provvedimento n. 33645 del 15 novembre 2022 le Sezioni Unite della Cassazione compongono un contrasto insorto fra la Seconda e la Terza Sezione civile circa i presupposti richiesti e i limiti entro cui è possibile procedere al risarcimento del danno in caso di occupazione sine titulo:
- Nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo, che è andata perduta.
- Nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, se il danno da perdita subita di cui il proprietario chieda il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato.
- Nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da mancato guadagno è lo specifico pregiudizio subito, quale quello che, in mancanza dell′occupazione, egli avrebbe concesso il bene in godimento ad altri verso un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato o che lo avrebbe venduto ad un prezzo più conveniente di quello di mercato.

I PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI:

Cass. 7 gennaio 2021, n. 39

Nel caso di occupazione illegittima di un immobile, il danno subito dal proprietario è oggetto di una presunzione correlata alla normale fruttuosità del bene, presunzione che, tuttavia, essendo basata sull′id quod plerumque accidit, ha carattere relativo iuris tantum e, quindi, ammette la prova contraria.

Cass. sez. Unite 11 novembre 2008, n. 26972

Il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata "danno esistenziale", perché attraverso questa si finisce per rendere anche il danno non patrimoniale di carattere atipico, sia pure attraverso l′individuazione della apparente tipica figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dall′ art. 2059 c.c. (rubricato "danni non patrimoniali") ai fini della risarcibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario né è necessitata dall′interpretazione costituzionale di detto articolo, che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona tutelati dalla previsione di alcuni diritti inviolabili nella Costituzione.

Cass. 22 aprile 2022, n. 12865

La violazione della prescrizione sulle distanze tra le costruzioni, attesa la natura del bene giuridico leso, determina un danno in re ipsa, con la conseguenza che non incombe sul danneggiato l′onere di provare la sussistenza e l′entità concreta del pregiudizio patrimoniale subito al diritto di proprietà, dovendosi, di norma, presumere, sia pure iuris tantum, tale pregiudizio, fatta salva la possibilità per il preteso danneggiante di dimostrare che, per la peculiarità dei luoghi o dei modi della lesione, il danno debba, invece, essere escluso. In tal senso, l′azione risarcitoria è volta a porre rimedio all′imposizione di una servitù di fatto, causa di un inevitabile perdita di valore del fondo che si produce per l′intero periodo di tempo anteriore all′eliminazione dell′abuso.

Cass. 25 maggio 2018, n. 13071

Il danno derivante dall′avere continuato ad occupare senza titolo un immobile, pur dopo la cessazione dell′originario contratto di comodato, non è un danno in re ipsa, ma un danno conseguenza che deve essere allegato e provato da parte del proprietario, ad esempio mediante la dimostrazione della sua intenzione concreta di concederlo in locazione durante tale periodo, ovvero mediante la dimostrazione di avere sostenuto spese che altrimenti non avrebbe dovuto affrontare per risiedere egli stesso durante tale periodo in un altro immobile, ovvero ancora mediante la dimostrazione di avere avuto concreta intenzione nel frattempo di venderlo.

Cass. civ. sez. Unite, 11 novembre 2008, n. 26972

Il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata "danno esistenziale", perché attraverso questa si finisce per rendere anche il danno non patrimoniale di carattere atipico, sia pure attraverso l′individuazione della apparente tipica figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dall′ art. 2059 c.c. (rubricato "danni non patrimoniali") ai fini della risarcibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario né è necessitata dall′interpretazione costituzionale di detto articolo, che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona tutelati dalla previsione di alcuni diritti inviolabili nella Costituzione.

Cass. sez. III, ordinanza 25 maggio 2021, n. 14268

Nel caso di occupazione illegittima di un immobile il danno subito dal proprietario non può ritenersi sussistente "in re ipsa", atteso che tale concetto giunge ad identificare il danno con l′evento dannoso ed a configurare un vero e proprio danno punitivo, ponendosi così in contrasto sia con l′insegnamento delle Sezioni Unite della S.C. (sent. n. 26972 del 2008) secondo il quale quel che rileva ai fini risarcitori è il danno-conseguenza, che deve essere allegato e provato, sia con l′ulteriore e più recente intervento nomofilattico (sent. n. 16601 del 2017) che ha riconosciuto la compatibilità del danno punitivo con l′ordinamento solo nel caso di espressa sua previsione normativa, in applicazione dell′art. 23 Cost.; ne consegue che il danno da occupazione "sine titulo", in quanto particolarmente evidente, può essere agevolmente dimostrato sulla base di presunzioni semplici, ma un alleggerimento dell′onere probatorio di tale natura non può includere anche l′esonero dall′allegazione dei fatti che devono essere accertati, ossia l′intenzione concreta del proprietario di mettere l′immobile a frutto. (Fattispecie in tema di occupazione illegittima, da parte della P.A., di terreni oggetto di piano di lottizzazione).

Cass. sez. II, ordinanza 31 luglio 2019, n. 20708

In tema di mancata riconsegna di un′area demaniale, oggetto di concessione non rinnovata alla scadenza ovvero revocata, il danno è da ritenersi sussistente "in re ipsa" e va commisurato al presumibile valore locativo dell′immobile illegittimamente occupato, discendendo dalla perdita della disponibilità del bene e dall′impossibilità di conseguire l′utilità anche solo potenzialmente ricavabile dal bene stesso; ne consegue che trova applicazione, in via analogica, il criterio di valutazione previsto dall′art. 1591 c.c., espressione di un principio riferibile a tutti i tipi di contratto con i quali viene concessa l′utilizzazione di un bene dietro corrispettivo, allorché il concessionario lo continui a utilizzare oltre il termine finale del rapporto senza averne più il titolo.

Cass. 7 gennaio 2021, n. 39

Nel caso di occupazione illegittima di un immobile, il danno subito dal proprietario è oggetto di una presunzione correlata alla normale fruttuosità del bene, presunzione che, tuttavia, essendo basata sull′id quod plerumque accidit, ha carattere relativo iuris tantum e, quindi, ammette la prova contraria.
La responsabilità del conduttore a norma dell′ art. 1591 c.c. per ritardata restituzione dell′immobile locato ha natura contrattuale con la conseguenza che il locatore, in applicazione del principio dettato dall′ art. 1218 c.c., deve provare il danno derivatogli dalla ritardata restituzione e non anche il dolo o la colpa grave del conduttore, mentre è questi che, per esimersi da responsabilità, è tenuto a provare che il ritardo non è a lui imputabile. Quanto poi, alla conseguente liquidazione, mentre l′esistenza di tale danno è presunta legalmente in misura forfettariamente determinata in una somma pari ai canoni dovuti per la mancata disponibilità del bene dovuto in restituzione, per la parte eccedente (c.d. maggior danno) il locatore è tenuto a fornire la prova della lesione del suo patrimonio consistente nel non aver potuto dare in locazione per un canone più elevato o nella perdita di occasioni di vendita ad un prezzo vantaggioso o nella perdita di altre analoghe situazioni vantaggiose.

Cass. civ. sez. III, ordinanza, 19 settembre 2022, n. 27389

Pur non essendo un danno in re ipsa, laddove il danneggiato alleghi e dimostri di aver sopportato il costo necessario a noleggiare un′auto quale conseguenza del danneggiamento del proprio veicolo in occasione di un sinistro stradale, tale dimostrazione è sufficiente a provare il pregiudizio patrimoniale sofferto, poiché la relazione causale tra il fermo del veicolo incidentato ed il noleggio è presumibile, ossia è inducibile secondo le normali regole del ragionamento presuntivo.

Cass. civ. sez. III, sentenza, 21 agosto 2020, n. 17557

Nella locazione di immobili per uso diverso da quello abitativo, il carattere abusivo dell′immobile o la mancanza di titoli autorizzativi necessari o indispensabili ai fini dell′utilizzo della "res" (secondo la sua intrinseca destinazione economica o conformemente all′uso convenuto) dipendenti dalla situazione edilizia del bene non incidono sulla validità del negozio, né costituiscono vizi della cosa locata agli effetti dell′ art. 1578 c.c., ma possono configurare un inadempimento del locatore alle proprie obbligazioni, astrattamente idoneo a incidere un interesse del conduttore, al quale ultimo spetta l′onere di allegare e provare il concreto pregiudizio sofferto in conseguenza dell′abusività del cespite, senza che possa prospettarsi in tale caratteristica un danno "in re ipsa". (Rigetta, Corte d′Appello Milano, 13/12/2017)

Cass. civ. sez. III, 26 giugno 2015, n. 13215

Il c.d. "danno da fermo tecnico", patito dal proprietario di un autoveicolo a causa della impossibilità di utilizzarlo durante il tempo necessario alla sua riparazione, può essere liquidato anche in assenza di una prova specifica, rilevando a tal fine la sola circostanza che il danneggiato sia stato privato del veicolo per un certo tempo, anche a prescindere dall′uso effettivo a cui esso è destinato.

Cass. civ. sez. II, sentenza, 31 marzo 2017, n. 8511

In tema di servitù prediali, il danno derivante dalla limitazione del relativo esercizio deve ritenersi "in re ipsa", sicché non è necessaria la sua dimostrazione.