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11-10-2023
Licenziamento illegittimo ante riforma del 7 Marzo 2015
Tutela del lavoratore
Il licenziamento irrogato dal datore di lavoro nei confronti di un singolo lavoratore incorre in particolari conseguenze qualora il provvedimento manchi di una giusta causa o di un giustificato motivo (oggettivo o soggettivo). In tali casi si parla di illegittimità del licenziamento e il lavoratore gode delle tutele previste dalla legge.
A seguito dell′entrata in vigore del Decreto legislativo n. 23/2015, l′ordinamento prevede regimi di tutela diversi a seconda che il lavoratore licenziato sia stato assunto prima o dopo il 7 marzo 2015.
In particolare, per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato prima del 7 marzo 2015 , valgono le seguenti garanzie:
in caso di licenziamento nullo (perché discriminatorio, oppure perché comminato in costanza di matrimonio o in violazione delle tutele previste in materia di maternità o paternità oppure negli altri casi previsti dalla legge) o inefficace (perché intimato in forma orale), a tutti i lavoratori, quale che sia il numero di dipendenti occupati dal datore di lavoro, è riconosciuto il diritto a essere reintegrati nel posto di lavoro e a vedersi corrisposta un′indennità risarcitoria pari alla retribuzione maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell′effettiva reintegrazione (cd. tutela reintegratoria piena);
al di fuori delle suddette ipotesi, le tutele variano a seconda delle dimensioni del datore di lavoro che ha comminato il licenziamento e del tipo di vizio che rende illegittimo il provvedimento espulsivo; in particolare:
ove il licenziamento viene intimato da un datore di lavoro che supera le soglie dimensionali previste dall′art. 18 della legge 300/1970 Statuto dei lavoratori (unità produttiva con più di 15 lavoratori, o più di 5 se si tratta di imprenditore agricolo, o più di 60 dipendenti in totale), si applicano i regimi di tutela previsti da tale norma, così come modificata dalla riforma del mercato del lavoro del 2012, regimi che, in talune specifiche ipotesi, contemplano la possibilità che il datore di lavoro sia condannato a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro;
al di sotto di tali soglie, trova invece applicazione il più blando regime di tutela previsto dall′art. 8 della legge 604/1966, così come sostituito dall′art. 2 della legge 108/1990, che riconosce al lavoratore illegittimamente licenziato il solo diritto a percepire un indennizzo economico.
Ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015 in avanti si applicano, invece, le tutele previste dal Decreto legislativo n. 23/2015, in tema di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, attuativo della legge delega 183 del 2014 (c.d. Jobs Act).
La nuova disciplina non introduce novità per quanto riguarda le tutele applicabili in caso di licenziamento discriminatorio, nullo o intimato in forma orale: in tali ipotesi, a tutti i lavoratori, indipendentemente dalle dimensioni del datore di lavoro, è riconosciuto il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, oltreché il diritto a percepire un′indennità risarcitoria corrispondente alla retribuzione dovuta dal giorno del licenziamento al giorno di effettiva reintegrazione.
Tali tutele, per espressa indicazione del legislatore, si applicano anche nelle ipotesi in cui il giudice accerta il difetto di giustificazione per motivi relativi alla salute e disabilità fisica o psichica del lavoratore.
Per tutte le altre ipotesi di licenziamento illegittimo, la nuova disciplina continua a prevedere tutele diverse a seconda che il licenziamento riguardi lavoratori assunti presso imprese che superano le soglie numeriche fissate dall′art. 18 della legge 300/1970 ovvero lavoratori assunti presso datori di lavoro che non raggiungono dette soglie.
Recentemente, il d.l. 12 luglio 2018, n. 87, conv. dalla l. 9 agosto 2018, n. 96, ha modificato la disciplina originaria, aumentando l′ammontare delle indennità dovute in caso di licenziamento ingiustificato.
Quanto ai lavoratori assunti dalle imprese che superano la soglia dimensionale di cui si è detto, il decreto legislativo 23/2015 prevede, rispetto alla disciplina previgente, una sostanziale diminuzione delle ipotesi in cui il giudice può ordinare la reintegrazione nel posto di lavoro del dipendente illegittimamente licenziato.
In particolare, il decreto stabilisce che il datore di lavoro può essere obbligato a reintegrare il lavoratore (assunto presso un′impresa di maggiori dimensioni) nei soli casi di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l′insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore.
Fuori di questi casi, il lavoratore illegittimamente licenziato ha diritto a percepire esclusivamente un indennizzo economico, la cui misura è calcolata in base alla sua anzianità di servizio.
Per quanto riguarda i lavoratori assunti presso le piccole imprese, la nuova disciplina prevede l′applicazione del medesimo regime di tutele previsto per i dipendenti delle imprese di maggiori dimensioni, con due significative differenze: è esclusa la reintegrazione nell′ipotesi del licenziamento disciplinare dichiarato illegittimo per insussistenza del fatto materiale e la tutela economica risulta sostanzialmente dimezzata.
Il decreto stabilisce peraltro che, nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di nuove assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all′entrata in vigore del decreto legislativo 23/2015, raggiunga le soglie dimensionali previste dall′art. 18, a tutti i lavoratori (vecchi e nuovi assunti), si applicherà integralmente la disciplina del contratto a tutele crescenti, e il relativo regime sanzionatorio previsto in caso di licenziamento ingiusto.
Allo stesso modo, la nuova disciplina verrà applicata anche nei casi di conversione, successiva all′entrata in vigore del decreto, di contratto a tempo determinato o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato.
I lavoratori già assunti a tempo indeterminato prima del 7 marzo 2015, seppur a oggi non interessati dalle novità normative, potranno comunque esserlo in futuro, allorché dovessero cambiare lavoro, transitando nella condizione di nuovi assunti presso un diverso datore di lavoro.
I regimi di tutela applicabili in caso di licenziamento illegittimo di un lavoratore assunto prima del 7 marzo 2015.
L′art. 18 della legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), come modificato dalla legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro, e l′art. 8 della legge 604/1966, così come sostituito dall′art. 2 della Legge 108/1990, disciplinano le conseguenze del licenziamento illegittimo di un lavoratore assunto a tempo indeterminato prima del 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore del Decreto legislativo n. 23/2015, che ha introdotto un nuovo regime sanzionatorio per le ipotesi di licenziamento ingiusto).
Le norme in parola prevedono, in caso di licenziamento discriminatorio, nullo o inefficace, un unico regime di tutela, applicabile a tutti i lavoratori, quale che sia il numero dei dipendenti assunti presso il datore di lavoro.
Nelle altre ipotesi di licenziamento illegittimo, invece, le tutele variano a seconda delle dimensioni del datore di lavoro.
A. Le tutele applicabili (a tutti i lavoratori) in caso di licenziamento discriminatorio, nullo e inefficace
I primi tre commi dell′art. 18 della legge 300/1970, così come modificati dalla legge 92/2012, prevedono che, in caso di licenziamento nullo (perché discriminatorio, oppure perché comminato in costanza di matrimonio o in violazione delle tutele previste in materia di maternità o paternità oppure negli altri casi previsti dalla legge) o inefficace (perché intimato in forma orale), a tutti i lavoratori, quale che sia il numero di dipendenti occupati dal datore di lavoro, è riconosciuto il diritto a essere reintegrati nel posto di lavoro e a vedersi corrisposta un′indennità risarcitoria pari alla retribuzione maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell′effettiva reintegrazione (cd. tutela reintegratoria piena).
Più in particolare, in queste ipotesi, il giudice, dichiarando nullo o inefficace il licenziamento, ordina al datore di lavoro la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e condanna il datore al risarcimento del danno subito per il periodo successivo al licenziamento e fino alla reintegrazione e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per tutto il periodo intercorrente fra il licenziamento e la reintegrazione.
Il risarcimento del danno è rappresentato da un′indennità commisurata all′ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento al giorno dell′effettiva reintegrazione e non può in ogni caso essere inferiore alle 5 mensilità (non è invece previsto un limite massimo).
Dall′importo deve essere dedotto quanto eventualmente percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative.
Fermo restando tale risarcimento, il lavoratore ha comunque la possibilità entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un′indennità pari a 15 mensilità dell′ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro.
B. Le tutele applicabili ai lavoratori delle imprese di maggiori dimensioni in caso di licenziamento illegittimo
In caso di licenziamento di un lavoratore assunto (prima del 7 marzo 2015) presso un datore di lavoro che supera le soglie dimensionali fissate dall′art. 18 della legge 300/1970, si applicano le conseguenze sanzionatorie stabilite dallo stesso art. 18, norma che ha subito radicali modifiche per effetto della legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro.
Prima di tale intervento, infatti, era prevista una tutela unica (cd. tutela reale), che comportava la reintegrazione del lavoratore e il risarcimento pieno del danno (con il pagamento delle retribuzioni e della contribuzione dal licenziamento fino all′effettiva reintegrazione e, comunque, nella misura minima di 5 mensilità).
Il nuovo testo dell′art. 18, invece, prevede i seguenti regimi di tutela, che mutano a seconda del vizio riscontrato nel licenziamento.
Quando non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa per insussistenza del fatto contestato o perché il fatto rientra fra le condotte punibili con una sanzione conservativa, il giudice applica la cd. tutela reintegratoria attenuata (reintegrazione nel posto di lavoro e indennizzo commisurato alla retribuzione con il limite di 12 mensilità, oltre al versamento dei contributi previdenziali per tutto il periodo dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione).
La tutela reintegratoria attenuata si applica anche nei casi di manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo; (ii) licenziamento intimato per motivo oggettivo consistente nell′inidoneità fisica o psichica del lavoratore; (iii) licenziamento intimato nel periodo di comporto.
Nelle altre ipotesi in cui non ricorrano gli estremi della giusta causa, del giustificato motivo soggettivo e del giustificato motivo oggettivo addotto dal datore di lavoro, il giudice applica la c.d. tutela obbligatoria standard (ossia condanna il datore al pagamento di un′indennità risarcitoria in una misura compresa fra 12 e 24 mensilità della retribuzione globale di fatto, tenendo conto dell′anzianità del lavoratore, del numero dei dipendenti, della dimensione dell′attività economica e del comportamento e condizioni delle parti).
Nei casi di licenziamento illegittimo per carenza di motivazione o per inosservanza degli obblighi procedurali previsti per il licenziamento disciplinare o per giustificato motivo oggettivo, infine, il giudice applica la cd. tutela obbligatoria ridotta: condanna il datore di lavoro al pagamento di un indennità variabile tra 6 e 12 mensilità della retribuzione globale di fatto, indennità il cui esatto ammontare viene stabilito in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro.
C. Le tutele applicabili ai lavoratori delle imprese di minori dimensioni in caso di licenziamento illegittimo
L′art. 8 della legge 604/1966, così come sostituito dall′art. 2 della legge 108/1990, disciplina le conseguenze sanzionatorie applicabili in caso di licenziamento illegittimo (di un lavoratore assunto prima del 7 marzo 2015) comminato da un datore di lavoro che non rientra nelle soglie dimensionali indicate dall′art. 18 della legge 300/1970.
La disposizione in parola prevede in particolare che, in dette ipotesi, a prescindere dal vizio individuato, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro a riassumere il dipendente entro il termine di tre giorni, oppure, in mancanza, a versargli un′indennità risarcitoria, la cui misura viene determinata tra un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità (tenendo conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell′impresa, dell′anzianità di servizio del lavoratore, nonché del comportamento e della condizione delle parti).
L′indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore a dieci anni, e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore a 20 anni.
A seguito dell′entrata in vigore del Decreto legislativo n. 23/2015, l′ordinamento prevede regimi di tutela diversi a seconda che il lavoratore licenziato sia stato assunto prima o dopo il 7 marzo 2015.
In particolare, per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato prima del 7 marzo 2015 , valgono le seguenti garanzie:
in caso di licenziamento nullo (perché discriminatorio, oppure perché comminato in costanza di matrimonio o in violazione delle tutele previste in materia di maternità o paternità oppure negli altri casi previsti dalla legge) o inefficace (perché intimato in forma orale), a tutti i lavoratori, quale che sia il numero di dipendenti occupati dal datore di lavoro, è riconosciuto il diritto a essere reintegrati nel posto di lavoro e a vedersi corrisposta un′indennità risarcitoria pari alla retribuzione maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell′effettiva reintegrazione (cd. tutela reintegratoria piena);
al di fuori delle suddette ipotesi, le tutele variano a seconda delle dimensioni del datore di lavoro che ha comminato il licenziamento e del tipo di vizio che rende illegittimo il provvedimento espulsivo; in particolare:
ove il licenziamento viene intimato da un datore di lavoro che supera le soglie dimensionali previste dall′art. 18 della legge 300/1970 Statuto dei lavoratori (unità produttiva con più di 15 lavoratori, o più di 5 se si tratta di imprenditore agricolo, o più di 60 dipendenti in totale), si applicano i regimi di tutela previsti da tale norma, così come modificata dalla riforma del mercato del lavoro del 2012, regimi che, in talune specifiche ipotesi, contemplano la possibilità che il datore di lavoro sia condannato a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro;
al di sotto di tali soglie, trova invece applicazione il più blando regime di tutela previsto dall′art. 8 della legge 604/1966, così come sostituito dall′art. 2 della legge 108/1990, che riconosce al lavoratore illegittimamente licenziato il solo diritto a percepire un indennizzo economico.
Ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015 in avanti si applicano, invece, le tutele previste dal Decreto legislativo n. 23/2015, in tema di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, attuativo della legge delega 183 del 2014 (c.d. Jobs Act).
La nuova disciplina non introduce novità per quanto riguarda le tutele applicabili in caso di licenziamento discriminatorio, nullo o intimato in forma orale: in tali ipotesi, a tutti i lavoratori, indipendentemente dalle dimensioni del datore di lavoro, è riconosciuto il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, oltreché il diritto a percepire un′indennità risarcitoria corrispondente alla retribuzione dovuta dal giorno del licenziamento al giorno di effettiva reintegrazione.
Tali tutele, per espressa indicazione del legislatore, si applicano anche nelle ipotesi in cui il giudice accerta il difetto di giustificazione per motivi relativi alla salute e disabilità fisica o psichica del lavoratore.
Per tutte le altre ipotesi di licenziamento illegittimo, la nuova disciplina continua a prevedere tutele diverse a seconda che il licenziamento riguardi lavoratori assunti presso imprese che superano le soglie numeriche fissate dall′art. 18 della legge 300/1970 ovvero lavoratori assunti presso datori di lavoro che non raggiungono dette soglie.
Recentemente, il d.l. 12 luglio 2018, n. 87, conv. dalla l. 9 agosto 2018, n. 96, ha modificato la disciplina originaria, aumentando l′ammontare delle indennità dovute in caso di licenziamento ingiustificato.
Quanto ai lavoratori assunti dalle imprese che superano la soglia dimensionale di cui si è detto, il decreto legislativo 23/2015 prevede, rispetto alla disciplina previgente, una sostanziale diminuzione delle ipotesi in cui il giudice può ordinare la reintegrazione nel posto di lavoro del dipendente illegittimamente licenziato.
In particolare, il decreto stabilisce che il datore di lavoro può essere obbligato a reintegrare il lavoratore (assunto presso un′impresa di maggiori dimensioni) nei soli casi di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l′insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore.
Fuori di questi casi, il lavoratore illegittimamente licenziato ha diritto a percepire esclusivamente un indennizzo economico, la cui misura è calcolata in base alla sua anzianità di servizio.
Per quanto riguarda i lavoratori assunti presso le piccole imprese, la nuova disciplina prevede l′applicazione del medesimo regime di tutele previsto per i dipendenti delle imprese di maggiori dimensioni, con due significative differenze: è esclusa la reintegrazione nell′ipotesi del licenziamento disciplinare dichiarato illegittimo per insussistenza del fatto materiale e la tutela economica risulta sostanzialmente dimezzata.
Il decreto stabilisce peraltro che, nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di nuove assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all′entrata in vigore del decreto legislativo 23/2015, raggiunga le soglie dimensionali previste dall′art. 18, a tutti i lavoratori (vecchi e nuovi assunti), si applicherà integralmente la disciplina del contratto a tutele crescenti, e il relativo regime sanzionatorio previsto in caso di licenziamento ingiusto.
Allo stesso modo, la nuova disciplina verrà applicata anche nei casi di conversione, successiva all′entrata in vigore del decreto, di contratto a tempo determinato o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato.
I lavoratori già assunti a tempo indeterminato prima del 7 marzo 2015, seppur a oggi non interessati dalle novità normative, potranno comunque esserlo in futuro, allorché dovessero cambiare lavoro, transitando nella condizione di nuovi assunti presso un diverso datore di lavoro.
I regimi di tutela applicabili in caso di licenziamento illegittimo di un lavoratore assunto prima del 7 marzo 2015.
L′art. 18 della legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), come modificato dalla legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro, e l′art. 8 della legge 604/1966, così come sostituito dall′art. 2 della Legge 108/1990, disciplinano le conseguenze del licenziamento illegittimo di un lavoratore assunto a tempo indeterminato prima del 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore del Decreto legislativo n. 23/2015, che ha introdotto un nuovo regime sanzionatorio per le ipotesi di licenziamento ingiusto).
Le norme in parola prevedono, in caso di licenziamento discriminatorio, nullo o inefficace, un unico regime di tutela, applicabile a tutti i lavoratori, quale che sia il numero dei dipendenti assunti presso il datore di lavoro.
Nelle altre ipotesi di licenziamento illegittimo, invece, le tutele variano a seconda delle dimensioni del datore di lavoro.
A. Le tutele applicabili (a tutti i lavoratori) in caso di licenziamento discriminatorio, nullo e inefficace
I primi tre commi dell′art. 18 della legge 300/1970, così come modificati dalla legge 92/2012, prevedono che, in caso di licenziamento nullo (perché discriminatorio, oppure perché comminato in costanza di matrimonio o in violazione delle tutele previste in materia di maternità o paternità oppure negli altri casi previsti dalla legge) o inefficace (perché intimato in forma orale), a tutti i lavoratori, quale che sia il numero di dipendenti occupati dal datore di lavoro, è riconosciuto il diritto a essere reintegrati nel posto di lavoro e a vedersi corrisposta un′indennità risarcitoria pari alla retribuzione maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell′effettiva reintegrazione (cd. tutela reintegratoria piena).
Più in particolare, in queste ipotesi, il giudice, dichiarando nullo o inefficace il licenziamento, ordina al datore di lavoro la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e condanna il datore al risarcimento del danno subito per il periodo successivo al licenziamento e fino alla reintegrazione e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per tutto il periodo intercorrente fra il licenziamento e la reintegrazione.
Il risarcimento del danno è rappresentato da un′indennità commisurata all′ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento al giorno dell′effettiva reintegrazione e non può in ogni caso essere inferiore alle 5 mensilità (non è invece previsto un limite massimo).
Dall′importo deve essere dedotto quanto eventualmente percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative.
Fermo restando tale risarcimento, il lavoratore ha comunque la possibilità entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un′indennità pari a 15 mensilità dell′ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro.
B. Le tutele applicabili ai lavoratori delle imprese di maggiori dimensioni in caso di licenziamento illegittimo
In caso di licenziamento di un lavoratore assunto (prima del 7 marzo 2015) presso un datore di lavoro che supera le soglie dimensionali fissate dall′art. 18 della legge 300/1970, si applicano le conseguenze sanzionatorie stabilite dallo stesso art. 18, norma che ha subito radicali modifiche per effetto della legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro.
Prima di tale intervento, infatti, era prevista una tutela unica (cd. tutela reale), che comportava la reintegrazione del lavoratore e il risarcimento pieno del danno (con il pagamento delle retribuzioni e della contribuzione dal licenziamento fino all′effettiva reintegrazione e, comunque, nella misura minima di 5 mensilità).
Il nuovo testo dell′art. 18, invece, prevede i seguenti regimi di tutela, che mutano a seconda del vizio riscontrato nel licenziamento.
Quando non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa per insussistenza del fatto contestato o perché il fatto rientra fra le condotte punibili con una sanzione conservativa, il giudice applica la cd. tutela reintegratoria attenuata (reintegrazione nel posto di lavoro e indennizzo commisurato alla retribuzione con il limite di 12 mensilità, oltre al versamento dei contributi previdenziali per tutto il periodo dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione).
La tutela reintegratoria attenuata si applica anche nei casi di manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo; (ii) licenziamento intimato per motivo oggettivo consistente nell′inidoneità fisica o psichica del lavoratore; (iii) licenziamento intimato nel periodo di comporto.
Nelle altre ipotesi in cui non ricorrano gli estremi della giusta causa, del giustificato motivo soggettivo e del giustificato motivo oggettivo addotto dal datore di lavoro, il giudice applica la c.d. tutela obbligatoria standard (ossia condanna il datore al pagamento di un′indennità risarcitoria in una misura compresa fra 12 e 24 mensilità della retribuzione globale di fatto, tenendo conto dell′anzianità del lavoratore, del numero dei dipendenti, della dimensione dell′attività economica e del comportamento e condizioni delle parti).
Nei casi di licenziamento illegittimo per carenza di motivazione o per inosservanza degli obblighi procedurali previsti per il licenziamento disciplinare o per giustificato motivo oggettivo, infine, il giudice applica la cd. tutela obbligatoria ridotta: condanna il datore di lavoro al pagamento di un indennità variabile tra 6 e 12 mensilità della retribuzione globale di fatto, indennità il cui esatto ammontare viene stabilito in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro.
C. Le tutele applicabili ai lavoratori delle imprese di minori dimensioni in caso di licenziamento illegittimo
L′art. 8 della legge 604/1966, così come sostituito dall′art. 2 della legge 108/1990, disciplina le conseguenze sanzionatorie applicabili in caso di licenziamento illegittimo (di un lavoratore assunto prima del 7 marzo 2015) comminato da un datore di lavoro che non rientra nelle soglie dimensionali indicate dall′art. 18 della legge 300/1970.
La disposizione in parola prevede in particolare che, in dette ipotesi, a prescindere dal vizio individuato, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro a riassumere il dipendente entro il termine di tre giorni, oppure, in mancanza, a versargli un′indennità risarcitoria, la cui misura viene determinata tra un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità (tenendo conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell′impresa, dell′anzianità di servizio del lavoratore, nonché del comportamento e della condizione delle parti).
L′indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore a dieci anni, e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore a 20 anni.