Studio Legale Pietrangeli Bernabei
11-10-2023

Licenziamento illegittimo post riforma 7 Marzo 2015

Tutela del lavoratore


I regimi di tutela applicabili in caso di licenziamento illegittimo di un lavoratore assunto dal 7 marzo 2015 in avanti
Il decreto legislativo n. 23/2015, sul c.d. contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, attuativo del c.d. Jobs Act (legge n. 183 del 2014), ha introdotto un nuovo regime di tutela per le ipotesi di licenziamento illegittimo, destinato dapprima ad affiancare e quindi a sostituire il sistema di tutele previsto dall′art. 18 della legge 300/1970.
In base alla nuova disciplina, il lavoratore ingiustamente licenziato avrà diritto, nella maggior parte dei casi, a percepire esclusivamente un indennizzo economico; la tutela reintegratoria viene invece limitata a poche e residuali ipotesi. La nuova disciplina interessa tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto (7 marzo 2015).
I lavoratori già in forza prima di questa data continueranno, invece, a beneficiare dei regimi di tutela previsti dall′art. 18, purché, naturalmente, risultino assunti in strutture che superano le soglie numeriche previste dalla legge (unità produttiva con più di 15 lavoratori, o più di 5 se si tratta di imprenditore agricolo, o più di 60 dipendenti in totale). Nell′immediato, dunque, per questi lavoratori non cambia nulla.
Il decreto prevede peraltro che, nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di nuove assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all′entrata in vigore di detto decreto, raggiunga le soglie dimensionali previste dall′art. 18, a tutti i lavoratori (vecchi e nuovi assunti) si applicherà integralmente la disciplina del contratto a tutele crescenti, e il relativo regime sanzionatorio previsto in caso di licenziamento ingiusto. Allo stesso modo, la nuova disciplina verrà applicata anche nei casi di conversione, successiva all′entrata in vigore del decreto, di contratto a tempo determinato o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato.
I lavoratori già assunti a tempo indeterminato prima del 7 marzo 2015, seppur a oggi non interessati dalle novità normative, potranno comunque esserlo in futuro, allorché dovessero cambiare lavoro, transitando nella condizione di nuovi assunti presso un diverso datore di lavoro.
A Le tutele applicabili (a tutti i lavoratori) in caso di licenziamento discriminatorio, nullo e inefficace
L′art. 2 del decreto legislativo 23/2015 disciplina le conseguenze sanzionatorie applicabili a tutti i datori di lavoro (indipendentemente, dunque, dalle loro dimensioni) nelle ipotesi di:
licenziamento discriminatorio a norma dell′art. 15 della legge n. 300 del 1970 (art. 2, co. 1);
licenziamento nullo per espressa previsione di legge (art. 2, co. 1);
licenziamento inefficace perché intimato in forma orale (art. 2, co. 1, ult. parte);
licenziamento rispetto al quale il giudice accerti il difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore (art. 2, co. 4).
In queste quattro ipotesi, il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nullità ovvero l′inefficacia del licenziamento, condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, al pagamento di un′indennità risarcitoria e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. L′indennità è commisurata all′ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto e corrisponde al periodo intercorrente tra il giorno del licenziamento sino a quello dell′effettiva reintegrazione, dedotto quanto eventualmente percepito dal lavoratore, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso, l′indennità non può essere inferiore a 5 mensilità.
Fermo restando il diritto a percepire la suddetta indennità, al lavoratore è attribuita la facoltà di sostituire la reintegrazione nel posto di lavoro con un ulteriore indennizzo economico, pari a 15 mensilità dell′ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, purché effettui la relativa richiesta entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall′invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla comunicazione. L′indennità sostitutiva della reintegrazione non è assoggettata a contribuzione previdenziale.
B. Le tutele applicabili ai lavoratori delle imprese di maggiori dimensioni in caso di licenziamento illegittimo
Fuori dalle ipotesi previste dall′art. 2, negli altri casi di licenziamento illegittimo il decreto legislativo 23/2015 riconosce al lavoratore tutele diverse a seconda che il licenziamento sia stato intimato da un datore di lavoro che supera le soglie dimensionali fissate dall′art. 18 della legge 300/1970 ovvero da un datore di lavoro che non supera dette soglie.
Per quanto riguarda i licenziamenti comminati dai datori di lavoro di maggiori dimensioni, valgono i seguenti regimi di tutela.
Nell′ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa, rispetto al quale sia dimostrata in giudizio l′insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, il datore di lavoro è condannato a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. Il dipendente ha inoltre diritto di percepire un′indennità risarcitoria commisurata all′ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto e corrispondente al periodo che va dal giorno del licenziamento fino a quello dell′effettiva reintegrazione. A tale indennità va dedotto sia quanto percepito dal lavoratore per lo svolgimento di altre attività lavorative (l′aliunde perceptum) sia le somme che il lavoratore avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro (secondo i criteri indicati dall′art. 4, co. 1, lett. c), del decreto legislativo n. 181 del 2000). Inoltre, l′indennità non può essere superiore a 12 mensilità (mentre non è prevista un′entità minima, come invece stabilito per le altre ipotesi di licenziamento nullo o inefficace).
In tutti gli altri casi di licenziamento individuale ingiustificato o intimato in violazione delle procedure prescritte dalla legge (ad es. in materia di licenziamento disciplinare), il rapporto si estingue comunque e al lavoratore è dovuta unicamente una indennità che oscilla tra le 6 e le 36 mensilità (da 2 a 12, se si tratta di violazione procedimentale).
Più in particolare, l′art. 3, co. 1, del decreto, dopo l′intervento della Corte Costituzionale nel 2018, stabilisce che, in caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, allorché il giudice accerti l′illegittimità del licenziamento, dichiara l′estinzione del rapporto di lavoro e condanna il datore di lavoro al pagamento di un′indennità, non assoggettata a contribuzione previdenziale, tra un minimo di 6 mensilità e un massimo di 36 mensilità (la base di calcolo è costituita, anche in questo caso, dall′ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto). Il giudice dovrà stabilire l′indennità tenendo conto, oltre che dell′anzianità di servizio, anche del numero di dipendenti occupati, delle dimensioni aziendali, del comportamento e delle condizioni delle parti.
Ai sensi dell′art. 10, il medesimo regime sanzionatorio (indennità pari a due mensilità per ogni anno di servizio, comunque ricompresa tra 6 e 36 mensilità) trova applicazione anche nei casi di licenziamento collettivo illegittimo per violazione della procedura prescritta dalla legge (in particolare, le procedure richiamate all′art. 4, co. 12, legge 223 del 1991) o per violazione dei criteri di scelta (art. 5, co. 1, legge 223 del 1991).
Al lavoratore spetta un mero indennizzo economico anche nell′ipotesi di licenziamento illegittimo per violazione del requisito della motivazione (art. 2, co. 2, legge 604 del 1966) o per violazione della procedura prescritta dall′art. 7 dello Statuto dei Lavoratori.
In questi casi, tuttavia, l′indennità risulta dimezzata: sarà pari a 1 mensilità per ogni anno di servizio, con un limite minimo di 2 mensilità e un limite massimo pari a 12 mensilità.
C. Le tutele applicabili ai lavoratori delle imprese di minori dimensioni in caso di licenziamento illegittimo Per quanto riguarda i dipendenti presso strutture che non raggiungono le soglie numeriche richieste per l′applicazione dell′art. 18 della legge 300/1970, l′art. 9 del decreto legislativo 23/2015 stabilisce che, nei confronti di tali lavoratori, trova applicazione il medesimo regime di tutele previsto per i dipendenti delle imprese di maggiori dimensioni, con due significative differenze: è esclusa la reintegrazione nell′ipotesi del licenziamento disciplinare dichiarato illegittimo per insussistenza del fatto materiale e la tutela economica risulta sostanzialmente dimezzata. Vale a dire che, in caso di licenziamento illegittimo di un lavoratore occupato presso un datore di lavoro minore, la reintegrazione varrà solo nelle ipotesi di licenziamento discriminatorio, nullo, orale e per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore. Negli altri casi, il lavoratore avrà diritto esclusivamente a un indennizzo economico, così calcolato: in caso licenziamento intimato per giusta causa, per giustificato motivo soggettivo o per giustificato motivo oggettivo, se il giudice accerta l′illegittimità del licenziamento, al lavoratore è riconosciuto un indennizzo (non assoggettato a contribuzione previdenziale) di importo pari a 1 mensilità per ogni anno di servizio; in ogni caso, l′indennizzo non può essere inferiore a 3 mensilità, né può superare le 6 mensilità; in caso di licenziamento illegittimo per violazione dell′obbligo di motivazione previsto dall′art. 2, co. 2, della legge 604/1966, ovvero, nell′ipotesi di licenziamento disciplinare, per violazione della procedura prevista dall′art. 7 della Legge 300 del 1970, al lavoratore spetta un′indennità (non assoggettata a contribuzione previdenziale) pari a mezza mensilità per ogni anno di servizio, con un limite minimo di 1 mensilità e un limite massimo di 6 mensilità.