Studio Legale Pietrangeli Bernabei
23-10-2023

Maltrattamenti in famiglia e convivenza more uxorio

Configurabilità

Cassazione Penale, Sez. II, 2 marzo 2016 (ud. 17 febbraio 2016), n. 8401
In tema di delitti contro la famiglia, la seconda sezione della Corte di Cassazione è tornata a ribadire che il delitto di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) è configurabile anche in danno di persona convivente more uxorio , quando si sia in presenza di un rapporto tendenzialmente stabile, sia pure naturale e di fatto, instaurato tra le due persone, con legami di reciproca assistenza e protezione.
Ai fini della valutazione della esistenza del legame, specificano i giudici, si richiede un giudizio di merito che deve essere trasfuso in una motivazione priva di fratture logiche ed aderente alla emergenze processuali. Tale può considerarsi, ad esempio, il fatto che l′imputato e la parte offesa, successivamente alla nascita della figlia, abbiano deciso di convivere e abbiano preso in locazione una casa familiare, nonché la circostanza che l′imputato, ancorché si sia reso protagonista di frequenti allontanamenti dalla casa familiare, abbia continuato a pagare il canone di locazione le quote condominiali e le bollette relative alle utenze dell′abitazione.
Elementi, questi, che inducono a ritenere sussistente un comune intento della coppia di iniziare e proseguire una stabile convivenza con caratteristiche della famiglia di fatto, ovvero un progetto di vita basato sulla reciproca solidarietà ed assistenza.
La configurabilità del delitto di maltrattamenti in famiglia anche in danno del convivente more uxorio, e più in generale l′ampliamento della sfera della tutela penale apprestata dalla categoria dei reati contro la famiglia anche alle unioni di fatto, possono dirsi ormai pacifici in giurisprudenza a partire da Sez. II, sentenza n. 320 del 26 maggio 1966, CED Cass. n. 101563 (per la quale, agli effetti dell′art. 572 c.p., deve considerarsi famiglia ogni consorzio di persone tra le quali, per intime relazioni e consuetudini di vita, siano sorti legami di reciproca assistenza e protezione: anche il legame di puro fatto stabilito tra un uomo ed una donna vale pertanto a costituire una famiglia in questo senso, quando risulti da una comunanza di vita e di affetti analoga a quella che si ha nel matrimonio ).
In epoca più recente si vedano Sez. VI, 29 gennaio 2008 n. 20647 nonché Sez. VI, 24 gennaio 2007, n. 21329 secondo cui il delitto di maltrattamenti in famiglia è configurabile anche in danno di persona convivente more uxorio quando si sia in presenza di un rapporto tendenzialmente stabile, sia pure naturale e di fatto, instaurato tra le due persone, con legami di reciproca assistenza e protezione.
Secondo la Cassazione, sussiste il reato di maltrattamenti anche a convivenza cessata, cioè dopo la separazione, se le vessazioni affondano le radici nella precedente vita di coppia.
Secondo la Suprema Corte, il reato di maltrattamenti consiste nella sottoposizione dei familiari a una serie di atti di vessazione continui e tali da cagionare sofferenze, privazioni, umiliazioni, le quali costituiscono fonte di un disagio continuo e incompatibile con normali condizioni di vita e in cui i singoli episodi, che costituiscono un comportamento abituale, rendono manifesta l′esistenza di un programma criminoso relativo al complesso dei fatti, animato da una volontà unitaria di vessare il soggetto passivo.
Nel caso affrontato dalla Suprema Corte, le condotte violente e abusanti dell′imputato non erano riconducibili al reato di stalking, in quanto attive già durante il matrimonio e, dunque, risalenti nel tempo, reiterate e connotate dalla volontà di sopraffazione ai danni della persona offesa.
Nello stesso senso la giurisprudenza precedente, secondo cui il reato di maltrattamenti in famiglia prevale su quello di stalking quando, nonostante l′avvenuta cessazione della convivenza, le vessazioni del responsabile affondano le radici nella precedente vita comune.
Si pensi all′ex marito che, con la scusa delle visite ai figli affidati alla madre, non perda occasione di insultare e di mortificare la donna davanti alla prole.