Studio Legale Pietrangeli Bernabei
11-04-2024

Licenziamento

Diritto del Lavoro

LICENZIAMENTO :

L′art. 18, quarto comma, L. 300/1970 , prevede che il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al pagamento di un′indennità risarcitoria non superiore a dodici mensilità.
Il successivo quinto comma dell′art. 18, invece, prevede che il giudice nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro e condanna il datore al pagamento di un′indennità risarcitoria determinata tra un minimo di dodici ed un massimo di ventiquattro mensilità dell′ultima retribuzione globale di fatto.
La Corte di Cassazione , a distanza di pochi giorni, con le sentenze 11665, 13063, 13065 e 13774 del 2022 , ha operato un radicale cambio di rotta rispetto all′orientamento giurisprudenziale precedente, giungendo ad affermare che in caso di licenziamento disciplinare illegittimo, il giudice può applicare la tutela reintegratoria non solo, come era stato ritenuto finora dalla giurisprudenza dominante, nei casi in cui il fatto addebitato al lavoratore sia espressamente contemplato da una previsione vincolante del CCNL che punisca la condotta tipizzata del lavoratore con sanzione conservativa, ma anche nel caso in cui quest′ultima sia espressa attraverso clausole generali o norme elastiche, ossia nel caso in cui le norme collettive delineino un illecito disciplinare attraverso i richiami ad es. alla negligenza lieve, negligenza grave, insubordinazione ecc.
Questo nuovo orientamento rappresenta un vero stravolgimento di quello precedente, secondo cui il giudice poteva applicare solo la tutela risarcitoria se la condotta contestata non fosse sussumibile in alcuna delle fattispecie per cui i contratti collettivi o i codici disciplinari prevedessero l′irrogazione di una sanzione conservativa (rientrando la condotta censurata nelle altre ipotesi di cui all′art. 18, comma 5, sopra citato), mentre andava disposta la tutela reintegratoria se il fatto contestato e accertato fosse contemplato da una norma negoziale vincolante e tipizzato come punibile con una sanzione conservativa.
Sulla scorta del recente orientamento giurisprudenziale, pertanto, il giudice è dotato di maggiore discrezionalità di decidere in ordine all′applicazione o meno della tutela reintegratoria, essendogli consentito di sussumere la condotta addebitata al lavoratore nella previsione contrattuale collettiva che punisca l′illecito con sanzione conservativa, anche ove tale previsione sia espressa in modo del tutto generico.
Da un lato, l′applicazione corretta del presente orientamento nel caso concreto da parte del giudice condurrebbe ad un potenziamento della giustizia sostanziale; d′altro canto si nutrono dubbi sul fatto che il nuovo orientamento sia conforme alla voluntas legis , nonché al principio della natura di regola generale della tutela indennitaria, ribadito dalle Sezioni Unite pochi anni orsono.