Studio Legale Pietrangeli Bernabei
08-01-2024

Responsabilità sanitaria

Danno da nascita indesiderata


1) Corte di cassazione - Sezioni Unite civili - Sentenza 22 settembre /22 dicembre 2015 n. 25767

- Il sanitario, seppure in colpa per non avere fatto effettuare i dovuti esami onde accertare il pericolo di malformazioni del nascituro, non risponde dei danni nei confronti del minore malformato per non avere la madre optato, stante l′ignoranza del rischio, per l′interruzione volontaria della gravidanza, non essendo concepibile nel nostro ordinamento un diritto a non nascere del minore malformato.

- La responsabilità del sanitario, consultato in ordine ai rischi di malformazione senza aver fatto effettuare i debiti accertamenti, per i danni cagionati ai genitori dalla nascita di neonato gravemente malformato, deve essere provata dalla madre anche in ordine all′opzione abortiva che sarebbe stata da essa intrapresa ove posta a conoscenza dei rischi, dovendo il giudice a tal fine avvalersi anche di presunzioni.


2) Cassazione civile, Sez. III, 15 gennaio 2021, n. 653

- L′accertamento di processi patologici che possono provocare, con apprezzabile grado di probabilità, rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro consente il ricorso all′interruzione volontaria della gravidanza, ai sensi dell′art. 6, lett. b), L. n. 194 del 1978, laddove determini nella gestante che sia stata compiutamente informata dei rischi un grave pericolo per la sua salute fisica o psichica, da accertarsi in concreto e caso per caso, e ciò a prescindere dalla circostanza che l′anomalia o la malformazione si sia già prodotta e risulti strumentalmente o clinicamente accertata.

- Il medico che non informi correttamente e compiutamente la gestante dei rischi di malformazioni fetali correlate a una patologia dalla medesima contratta può essere chiamato a risarcire i danni conseguiti alla mancata interruzione della gravidanza alla quale la donna dimostri che sarebbe ricorsa a fronte di un grave pregiudizio per la sua salute fisica o psichica.

- Nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno cosiddetto da nascita indesiderata , il medico che non informi correttamente e compiutamente la gestante dei rischi di malformazioni fetali correlate a una patologia dalla medesima contratta può essere chiamato a risarcire i danni conseguiti alla mancata interruzione della gravidanza, la quale si giustifica oltre il novantesimo giorno, ai sensi dell′art. 6, lett. b), L. n. 194/1978, in presenza di un accertamento di processi patologici che possono provocare, con apprezzabile grado di probabilità, rilevanti anomalie del nascituro, idonei a determinare per la donna un grave pericolo da accertarsi in concreto e caso per caso, senza che sia necessario che la malformazione si sia già prodotta o risulti strumentalmente o clinicamente accertata per la sua salute fisica o psichica.


3) CASSAZIONE CIVILE, sez. III, 2 ottobre 2012, n. 16754

- Il risarcimento del danno c.d. da nascita indesiderata , scaturente dall′errore del medico che, non rilevando malformazioni congenite del concepito, impedisca alla madre l′esercizio del diritto di interruzione della gravidanza, spetta sia ai genitori del soggetto nato malformato, sia ai suoi fratelli.

- Nel caso in cui il medico ometta di segnalare alla gestante l′esistenza di più efficaci test diagnostici prenatali rispetto a quello in concreto prescelto, impedendole così di accertare l′esistenza d′una malformazione congenita del concepito, quest′ultimo, ancorché privo di soggettività giuridica fino al momento della nascita, una volta venuto ad esistenza, ha diritto ad essere risarcito da parte del sanitario con riguardo al danno consistente nell′essere nato non sano, e rappresentato dell′interesse ad alleviare la propria condizione di vita impeditiva di una libera estrinsecazione della personalità, a nulla rilevando né che la sua patologia fosse congenita, né che la madre, ove fosse stata informata della malformazione, avrebbe verosimilmente scelto di abortire.


4) CASSAZIONE CIVILE, sez. III, 22 marzo 2013, n. 7269

Nella causa tra la donna che chiede il risarcimento dei danni derivatigli dal non aver potuto esercitare il suo diritto all′aborto ed il medico che sostiene non essere stato il danno effetto del proprio inadempimento perché la donna non avrebbe comunque potuto o voluto interrompere la gravidanza, alla donna spetta dimostrare i fatti costitutivi della pretesa azionata, al medico i fatti idonei ad escluderla, in questi ultimi inscrivendo anche la prova che, all′′epoca in cui ebbe a maturare l′inadempimento, il feto era già pervenuto alla condizione della possibilità di vita autonoma.

Non vi è dubbio che il primo bersaglio dell′inadempimento del medico è il diritto dei genitori di essere informati, al fine, indipendentemente dall′eventuale maturazione delle condizioni che abilitano la donna a chiedere l′interruzione della gravidanza, di prepararsi psicologicamente e, se del caso, anche materialmente, all′arrivo di un figlio menomato. E la richiesta dei corrispondenti pregiudizi deve ritenersi consustanzialmente insita nella domanda di risarcimento dei danni derivati dalla nascita, quali il danno biologico in tutte le sue forme e il danno economico, che di quell′inadempimento sia conseguenza immediata e diretta in termini di causalità adeguata. Altrettanto non può dirsi, invece, in ordine ai pregiudizi asseritamente subiti dal figlio e dai suoi genitori, per non avere beneficiato di adeguati e tempestivi interventi atti a migliorare, o quanto meno a non aggravare, il gravissimo handicap dal quale è risultato affetto il bambino.