Studio Legale Pietrangeli Bernabei
10-02-2024

Unioni civili - Scioglimento del vincolo



Tribunale di Milano 3 giugno 2020, n. 45257 - Pres. Rel. Cattaneo

Nelle unioni civili, ove ricorrano i presupposti contemplati dalla legge, una sola delle parti può chiedere lo scioglimento del vincolo.

La domanda di scioglimento dell′unione civile.
Il legislatore del 2016, infatti, ha previsto che l′unione civile, al pari del matrimonio, possa sciogliersi esclusivamente in presenza di una delle cause previste dalla legge, individuate nella morte o nella dichiarazione di morte presunta di una parte (art. 1, comma 22), nella rettificazione di sesso (art. 1, comma 26), in una delle cause previste dall′art. 3, n. 1, 2, lett. a), c), d), e) della legge 1 dicembre 1970 n. 898 sul divorzio (art. 1, comma 23), ovvero, come nel caso di specie, nella manifestazione della volontà di scioglimento dell′unione resa da una o da entrambe le parti dinanzi all′ufficiale dello stato civile, con la precisazione che quest′ultima legittima la proposizione della domanda di scioglimento dell′unione decorsi tre mesi tra la predetta manifestazione di volontà e la proposizione della domanda (art. 1, comma 24).
Dal raffronto tra la nuova disciplina in materia di scioglimento dell′unione civile e la disciplina sullo scioglimento del matrimonio emerge che le cause che determinano la dissoluzione del vincolo coincidono quanto alla morte o alla dichiarazione presunta (v. artt. 159 e 65 c.c.), alla rettificazione di sesso (v. art. 1, co. 26 e 27 l. 76/16) e alle cause previste dall′art. 3, n. 1, 2, lett. a), c), d), e) della legge n. 898/70, mentre divergono con riguardo all′ultima e statisticamente più importante causa di scioglimento del matrimonio, rappresentata dalla separazione legale, in luogo della quale l′art. 1, comma 24 della legge n. 76/16 ha previsto la previa manifestazione di volontà di scioglimento dell′unione, resa congiuntamente o disgiuntamente da entrambe o da una sola parte, all′ufficiale di stato civile. Le differenze sono molteplici.
Sotto il profilo procedimentale, si rileva che mentre la separazione, qualora i coniugi non abbiano raggiunto un accordo, richiede sempre l′instaurarsi di un procedimento giudiziale, nel quale il Tribunale tenta la conciliazione e, in caso di fallimento, accerta se sussista per uno o entrambi il presupposto della intollerabilità della convivenza, per gli uniti, anche in mancanza di accordo, è sufficiente la manifestazione di volontà di scioglimento dell′unione di una sola parte resa dinanzi all′ufficiale di stato civile nell′ambito di un procedimento di natura amministrativa nel quale l′autorità amministrativa si limita a prendere atto della volontà manifestata dall′unito, a prescindere da ogni ulteriore accertamento. Le differenze si riducono, pur senza annullarsi, anche qualora i coniugi, avvalendosi della facoltà introdotta dall′art. 12 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito nella legge 10 novembre 2014, n. 162, si rivolgano ad un ufficiale di stato civile per la conclusione di un accordo di separazione, in quanto, in primo luogo, quest′ultima via è percorribile solo se la separazione sia richiesta di comune accordo da entrambi i coniugi e solo se la coppia sposata non abbi figli minori, maggiorenni portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti; inoltre, i coniugi che abbiano manifestato la volontà di separarsi sono chiamati a confermare nuovamente il loro volere, diversamente da quanto vale nella unione civile nella quale il volere dell′unito si cristallizza hic et nunc nel momento in cui è espresso e annotato a margine dell′atto costitutivo della unione.
La separazione e la manifestazione di volontà di scioglimento dell′unione divergono, inoltre, sotto il profilo temporale: differente è infatti il periodo che deve decorrere affinché il giudice possa pronunciare la dissoluzione del vincolo che discende dal matrimonio o dall′unione civile, determinato, rispettivamente, in dodici mesi per la separazione giudiziale e in sei mesi per la separazione consensuale dall′art. 3, n. 2 lett. b) l. div., come da ultimo modificato dalla legge 6 maggio 2015 n. 55, e in tre mesi dall′art. 1, co. 24 legge n. 76/2016.
Infine le differenze si colgono sotto il profilo degli effetti, in quanto la manifestazione di volontà resa di fronte all′ufficiale di stato civile, diversamente dalla separazione, non determina l′acquisizione di un nuovo status con conseguenti diritti ed obblighi, il che dovrebbe portare ad escludere il diritto al mantenimento ex art. 156 c.c. all′unito economicamente debole. Ne consegue che questi, in caso di inerzia del compagno che, dopo la manifestazione di volontà di scioglimento dinanzi all′Ufficiale di stato civile, non agisca giudizialmente, potrà trovarsi costretto, anche se non sia d′accordo con lo scioglimento del vincolo, a rivolgersi all′autorità giudiziaria così da poter richiedere l′assegno divorzile di cui all′art. 5 comma 6 della legge n. 898/70, espressamente applicabile allo scioglimento dell′unione. A meno di non doversi ritenere che il dovere di assistenza morale e materiale reciproca di cui all′art. 1, comma 11 legge n. 76/2016, mutuato dall′art. 143 c.c. per il matrimonio, sopravviva alla manifestazione di volontà di scioglimento dell′unione ed il relativo diritto sia azionabile in giudizio da parte dell′unito economicamente debole.
Ciò premesso, data la novità della materia, appare opportuno soffermarsi brevemente sull′iter decisionale che il Tribunale, nel decidere sulla domanda di scioglimento dell′unione civile, è chiamato a svolgere.
Non vi è dubbio che il giudice debba verificare in primo luogo se ricorra una delle cause tipiche previste dalla legge, mentre è incerto se debba altresì procedere all′accertamento del venir meno della comunione materiale e spirituale tra le parti, previsto dagli artt. 1 e 2 della legge divorzile, che eleva tale elemento a presupposto per l′accoglimento della domanda di divorzio. Il comma 25 art. 1 legge 76/2016 che richiama gli articoli della legge sul divorzio estensibili alla unione civile, in quanto compatibili, non richiama gli artt. 1 e 2, con la conseguenza che tale accertamento deve ritenersi escluso (analogamente Tribunale di Novara sentenza 5 luglio 2018) ciò costituendo un′ulteriore differenza rispetto alla disciplina applicabile alla crisi matrimoniale e, secondo parte della dottrina, una scelta legislativa non condivisibile, atteso che tra gli uniti e i coniugi sussistono i medesimi diritti e doveri di assistenza morale e materiale che danno vita ad una communio il cui venir meno dovrebbe, in entrambi i casi, essere accertato dal giudice.
In forza del rinvio operato dall′art. 1, comma 25 legge n. 76/16 all′art. 4 della legge divorzile, si ritiene che il Presidente debba sentire gli uniti, prima separatamente e poi congiuntamente, e tentarne la conciliazione, che, qualora avvenga, dovrebbe comportare la trascrizione del processo verbale di conciliazione nei registri dello stato civile quale revoca della manifestazione di volontà di scioglimento, peraltro non disciplinata.
L′accertamento del giudice deve estendersi alla verifica del decorso del termine di tre mesi tra la proposizione della domanda e la data della dichiarazione di scioglimento, come disposto dall′art. 1, co. 24 legge n. 76/2016.
Questo Tribunale ritiene che il previo esperimento della fase amministrativa e il decorrere del termine dilatorio di tre mesi richiesto tra la dichiarazione di scioglimento e la proposizione della domanda costituiscano condizione di procedibilità dell′azione.
Nel rispetto del dettato normativo di cui al comma 24 dell′art. 1 legge 76/2016 che espressamente recita: "L′unione civile si scioglie, inoltre, quando le parti hanno manifestato anche disgiuntamente la volontà di scioglimento dinanzi all′ufficiale dello stato civile. In tale caso la domanda di scioglimento dell′unione civile è proposta decorsi tre mesi dalla data della manifestazione di volontà di scioglimento dell′unione", non si ritiene possibile che detta manifestazione di volontà possa essere resa nell′unico procedimento innanzi alla autorità giudiziaria, con la cancellazione della fase innanzi all′ufficiale di stato civile e che il decorso del termine di tre mesi debba essere calcolato dalla manifestazione di volontà resa in sede presidenziale nel giudizio di divorzio alla pronuncia della sentenza (in tal senso Tribunale di Novara, sentenza citata). Questa lettura della norma, invero, finisce con l′abrogare la disposizione di legge e crearne una nuova, in contrasto con la funzione propria della giurisprudenza che, come ricorda la Corte Suprema, è ricognitiva dell′esistenza e del contenuto della regula iuris e non già creativa della stressa (da ult., v. Cass. 20 gennaio 2020, n. 1119).
Appare invece coerente col dato normativo ritenere che l′art. 1, comma 24 della legge n. 76/16 introduca una causa sostanziale della crisi dell′unione che non si fonda sulla sola dichiarazione di volontà di scioglimento, ma si inserisce all′interno di una fattispecie procedimentale complessa e analiticamente disciplinata dal legislatore che ha rimesso all′ufficiale di stato civile il potere di acquisire la dichiarazione della parte o delle parti e di provvedere all′annotazione della stessa a margine dell′atto di unione; ha inoltre previsto che la domanda non sia proposta prima del maturare del termine di tre mesi da quando è stata manifestata la volontà di scioglimento dell′unione; ha regolamentato ulteriormente il procedimento amministrativo nel caso la volontà di scioglimento provenga da un solo unito, come meglio chiarito in seguito; ha poi previsto il ricorso alla autorità giudiziaria disciplinando il giudizio innanzi a questa sostanzialmente come quello del divorzio della coppia separata.
Il termine dilatorio di tre mesi assolve infatti la funzione di garantire alla coppia o all′unito che intenda sciogliere il vincolo un periodo di riflessione, in analogia con quanto avviene nel matrimonio. Una scelta diversa avrebbe potuto sollevare dubbi di legittimità costituzionale, attesa la disparità di trattamento che ne sarebbe conseguita rispetto alla disciplina prevista per lo scioglimento del matrimonio in considerazione del fatto che in entrambi i casi il mutamento di status incide sui diritti/doveri inderogabili di solidarietà.
Infine, quando la dichiarazione di scioglimento sia resa disgiuntamente da una sola parte, il legislatore del 2017 ha richiesto un′ulteriore formalità per il regolare svolgimento del procedimento amministrativo sopra descritto. L′art. 63, comma 1 lett. g-quinquies del D.P.R. 396/2000, come modificato dal D.lgs 19 gennaio 2017 n. 5, onera infatti la parte che intenda esprimere la volontà di scioglimento dell′unione disgiuntamente di renderlo noto all′altra parte con avviso di ricevimento all′indirizzo di residenza anagrafica ovvero con altra forma di comunicazione parimenti idonea. Si tratta di un requisito previsto a tutela della parte che non si sia attivata e che, come si legge nella relazione illustrativa al decreto, è parso necessario introdurre in considerazione sia delle esigenze di certezza dei rapporti giuridici tra le parti sia delle conseguenze che l′iscrizione della dichiarazione determina. L′accertamento della sua sussistenza spetta all′ufficiale di stato civile, il quale, nel momento in cui raccoglie la dichiarazione di scioglimento, è tenuto anche a verificare l′effettiva spedizione della raccomandata e a provvedere ad annotare la dichiarazione della parte nell′atto costitutivo dell′unione. Diversamente, ove tale comunicazione manchi, l′ufficiale potrebbe legittimamente rifiutarsi di raccogliere la dichiarazione.
Il giudice, dunque, nel decidere sulla domanda di scioglimento dell′unione e nel verificare la sussistenza della condizione di procedibilità di cui si è detto, dà atto anche di tale ulteriore formalità, come attestata dall′ufficiale di stato civile. Passando all′analisi del caso concreto, il Collegio ritiene che sussistano tutti i presupposti di legge per lo scioglimento dell′unione civile previsti dall′art. 1, comma 24 legge n. 76/2016, come sopra illustrati.
Il C., infatti, ha manifestato la volontà di scioglimento dell′unione costituita col M. dinanzi all′Ufficiale dello Stato civile di Milano in data 7.2.2019, iscritta al n. 13, Reg. 2, Parte I, anno 2019, annotata a margine del certificato di unione civile il 7.2.2019. Pertanto tra la data di manifestazione della volontà di scioglimento (7.2.19) e la data di deposito del ricorso (21.9.19) è decorso il termine di tre mesi, richiesto per la procedibilità della domanda. Risulta altresì rispettata la formalità dell′invio della lettera raccomandata al M., come richiesto dall′art. 63, comma 1 lett. g-quinquies del D.P.R. 396/2000 modificato dal D.lgs 5/2017. La contumacia del resistente ha impedito il tentativo di conciliazione.
In assenza di prole e di domande di contenuto economico nessun′altra statuizione deve essere assunta.